Addio a Franco Hrast
un professore prestato al baseball
E' scomparso a 77 anni l'ex esterno rossoblù degli anni Settanta. Arrivò tardi al baseball, contagiato da Ivan Cavazzano suo compagno all'Isef, ma seppe ritagliarsi un posto tra tanti mostri sacri. Per parecchi anni fu anche preparatore atletico rossoblù. Giocò pure nel Codogno, con cui vinse un campionato di A2, poi allenò Legnano, Piacenza, Alive e le nostre giovanili.
Anno spietato e crudele fino in fondo: mentre le tv e i siti lanciano la notizia della morte di Benedetto XVI, nel nostro piccolo mondo arriva via whatsapp un’altra notizia bruttissima, la scomparsa di Franco Hrast. Una notizia che purtroppo attendevamo perchè le sue condizioni si erano aggravate irreversibilmente negli ultimi giorni, dopo oltre un anno di lotta contro un male che non gli ha lasciato scampo. L’avevamo sentito un mese fa, poco prima della cena del premio Donnabella, a cui avrebbe voluto presenziare come faceva spesso, ma non se la sentiva e si scusava quasi di questa defezione. Ma era di umore positivo, voleva continuare a lottare e ci diceva che ci saremmo visti alla prossima occasione…
Purtroppo non è stato così e questo grande atleta si è dovuto arrendere. Grande atleta, perché Franco aveva praticato tanti sport, dal nuoto alla pallanuoto, ma soprattutto l’atletica, prima di approdare al baseball all’inizio degli anni Settanta. E ci era arrivato decisamente in ritardo, rispetto alla norma, stregato dall’Europhon in cui giocava il suo compagno di corso all’Isef Ivan Cavazzano. Proprio seguendo Ivan, Franco è approdato al Milano, come preparatore atletico, visto che di mestiere faceva il professore di educazione fisica, ma anche come giocatore, inserendosi in punta di piedi in una squadra che allora era al vertice del baseball, cercando ritagliarsi qualche turno in battuta tra tanti mostri sacri. “Ma per me non fu complicato riuscirci, perché lanciavo tutti i giorni il disco e il giavellotto e passare a mazze e palline è stato quasi naturale”, ci diceva ricordando gli inizi della sua carriera.
E alla fine, questo professore arrivato sul diamante quasi per caso, è stato in grado di giocare fin oltre i quarant’anni in serie B e C con qualche squadra minore milanese, dopo aver dato il meglio negli anni Settanta: 5 stagioni al Milano tra il ’72 e il ’78 con 77 presenze e 4 fuoricampo, e in mezzo due anni al Codogno con la più grande soddisfazione della sua carriera: la vittoria nel campionato di A2 del ’76 sotto la guida di Carlo Fraschetti.
Franco era veneto di nascita, rodigino di Lendinara, ma la sua famiglia era di origine slovene, di Caporetto, quando era italiana. Di fatto però è cresciuto a Ventimiglia, dove il padre finanziere si era trasferito per lavoro, e alla Liguria resterà legato fino alla fine, perché per una vita ha fatto avanti e indietro da Milano per andare a trovare la mamma. La Liguria l’aveva spinto appunto verso gli sport acquatici, ma poi per fare l’Isef si era trasferito a Milano dove è nata la scintilla del baseball. Che non l’ha più abbandonato, visto che dopo aver smesso di giocare è stato anche allenatore, nelle nostre giovanili, ma anche del Legnano, del Piacenza e degli Alive, la squadra dei Vicentini dove però gli chiedevano anche di giocare nonostante avesse quasi 50 anni.
E Franco non si è mai tirato indietro, così come non è mai mancato a tutti gli appuntamenti del Milano. L’abbiamo visto sulle tribune del Kennedy fin che ha potuto e lo ricordiamo con tenerezza lo scorso anno sempre alla cena di fine stagione del premio Donnabella, perché una serata tra amici gli dava ancora tanta voglia di lottare. Ma alla fine anche un colosso come lui ha alzato bandiera bianca.
Ciao Professore, ci mancherai.